domenica 29 novembre 2015

Ricordati sempre chi sei



Al solito, un post dal titolo strano. Perché? Dunque, portate pazienza e lasciatemi spiegare.

Nelle ultime settimane, me ne stanno capitando di tutti i colori: coinquilini che mi fanno dare di matto, gente che mi insegue in metropolitana, il gatto che caccia blatte e me le lascia come regalo nelle scarpe, università che non mi lascia un attimo di tempo tra lezioni, pratiche ed esami, notti insonni passate a studiare o a pensare alle cose più inutili possibili e mille altre cose. Mio padre, conscio del fatto che sto davvero esaurendo energie e pazienza, ha ben pensato di mandarmi il seguente messaggio:


“Ricordati sempre chi sei!”

Il meraviglioso capolavoro che vedete nella foto, è un mio disegno di quando avevo circa 3-4 anni e che i miei genitori hanno conservato insieme al “Giallo-azzurro coniglio mannaro”, che rappresenta un dittico di inestimabile valore appeso in camera mia, in campagna, di cui vi risparmio la visione. Guardando questa foto, mi sono ricordata di quando ero una tappetta: volevo andare sulla luna per scoprire se fosse fatta veramente di formaggio (maledetti Wallace e Gromit). Ed essendo io una persona che rimugina molto sui ricordi, che vive dei suoi sogni pensando a quello che è e non è stato, mi sono venuti in mente mille pensieri.
Wallace e Gromit: una fantastica gita

Siamo stati tutti bambini, adolescenti e in fondo lo siamo ancora. Abbiamo avuto tutti delle ambizioni assurde, io per esempio, in un momento della mia infanzia, volevo diventare un’astronauta e addomesticare orsi allo stesso tempo, magari invece voi volevate diventare gli imperatori della galassia o chissà che.

Certe volte passiamo dei momenti assurdi nella nostra vita: lo stress e l’ansia ci logorano dentro, momenti orrendi ci impediscono di essere felici e talvolta la solitudine ci impedisce di fare qualunque cosa. Vorremmo qualcuno al nostro fianco, per un bacio o dormirci accanto, sentirci amati e invece ci troviamo con una pila di libri e fogli mezzi smangiucchiati da un gatto che nel frattempo si sta facendo uno spuntino con le tue mutande rubate dallo stendino.

A volte per impressionare qualcuno, che sia per lavoro, amici o per amore, non siamo noi stessi. Mettiamo una maschera e cerchiamo di essere qualcun altro, nascondiamo i nostri desideri e ce li teniamo dentro per paura di un rifiuto, portandoli dietro. In altri casi invece siamo talmente occupati nel preparare esami, organizzare gli impegni e il lavoro che ci dimentichiamo persino di chi siamo e cosa vogliamo.

Ecco, io vi dico: non fatevi rubare la vita dagli impegni. Il tempo passa, le cose cambiano e talvolta ci dimentichiamo di chi siamo veramente e di cosa vogliamo per talmente tanto tempo che a un certo punto ci guardiamo allo specchio e non ci riconosciamo più.

Dov’è finita quella ragazza che voleva diventare veterinaria, che amava leggere e scrivere sotto gli alberi in mezzo a un prato, che desiderava con tutto il suo cuore di dare un bacio all’ uomo che ama? Dov’è finito quel ragazzo che voleva diventare medico, avvocato, attore, scienziato? Dove siamo finiti?

In quello specchio non rimane che una persona logorata dalla fatica, dalla solitudine, dalla tristezza, dallo stress e dall’ ansia di non riuscire a fare nulla. Ci dimentichiamo di chi siamo veramente talvolta.
Bambini, cresciuti, con una marea di responsabilità e impegni che ci portano via la vita, i sogni, certe volte.
Fermiamoci un attimo a pensare: ne vale davvero la pena? Vale davvero la pena lavorare così tanto, perdere così tanto tempo per qualcosa? Forse sì o forse no. La scelta è vostra, prendetela con cautela.

Non abbiate paura di fallire, perché i veri falliti sono coloro che non ci provano o che si arrendono, che si accontentano e non vanno oltre, che si sono dimenticati i loro desideri.
Provate a riprendere in mano una vostra foto di qualche anno fa, un vecchio disegno (anche se raffigura un orrendo razzo amorfo) e cercate di ricordare quel momento preciso, quel periodo. Quanto siete cambiati da allora?

Io, per esempio, ero una teppista già da marmocchia...


Ho fatto decisamente troppe domande in questo post, ma vi rassicuro che i prossimi articoli saranno decisamente più piacevoli :) 


sabato 14 novembre 2015

Così è (se vi pare)



Il titolo può deviare da ciò di cui voglio veramente discutere. L’ opera dall’ omonimo titolo di Luigi Pirandello? Non esattamente. Voglio parlarvi sempre di uno spettacolo però, forse il più lungo, dispendioso mai realizzato nella storia dell’umanità, uno spettacolo a cui tutti prendiamo o abbiamo preso parte, come spettatori o attori: la religione.

Non credo siate sorpresi di leggere questo tema dopo i fatti avvenuti recentemente. Con tutto il rispetto però che porto verso le vittime dei recenti attentati, dei miei amici parigini che hanno perso, cari e parenti, e allo stesso tempo dei miei amici musulmani che si sono sentiti dare degli assassini, mostri e quant’ altro, non ho intenzione di soffermarmi su questo unico caso, sui fatti parigini del 13 novembre. Perché questa non è che una pagina di mille e mille che porta scritti i nomi di chi ha perso la vita, la speranza e la pace per motivi legati alla religione.

Ogni volta che avviene un attentato vedo persone accanirsi contro il mondo, politici, poliziotti e così via, altri pubblicare foto e immagini con frasi commoventi che in sé non portano un sincero cordoglio ma un messaggio che invita alla semplice memoria, a fare un minuto di silenzio per ricordare o che porta i colori della bandiera su cui del sangue è stato versato.

Sia forse che la morte si combatte con il silenzio, con i colori o le immagini? Io, personalmente, non sono d’accordo. Anne Frank diceva “Le persone morte ricevono più fiori rispetto a quelle vive, perché il rimpianto è più forte della gratitudine”, non è dunque quello che stiamo facendo? Piangere su ciò che non siamo riusciti a prevedere, salvare o evitare? L’ essere umano ha questa incredibile capacità di trasformare le minacce, la morte e la disperazione in denaro sonante.

È facile leggere o sentire un cristiano sostenere che “il cristianesimo moderno non si macchia le mani di sangue come l’islamismo” (commento preso direttamente da Facebook). Dimentichiamo dunque tutte le stragi avvenute per mano della Chiesa nel corso dell’“evoluzione” dell’uomo? Io non dimentico. E non lo voglio fare perché per me è una mancanza di rispetto verso quelle persone che si sono viste portare via la vita con una scusa, oltre a essere un’orrenda dimostrazione di indifferenza, se non ignoranza. Cristiani e islamici, hanno le mani bagnate di sangue in egual modo. L’ unica cosa che cambia sono le armi con cui queste due religioni, “ideologie” hanno combattuto le loro guerre e come sono state accolte dal mondo.

Oggi è molto più facile condividere queste notizie, fatti e avvenimenti, grazie a social network e mezzi di comunicazione, di conseguenza è molto più facile scandalizzarsi ed esprimere il proprio odio e la propria disapprovazione.

Ma così è. Non esiste chi ha più o meno colpa, cristiani e islamici hanno torto entrambi e si portano alle spalle motivi che sono inutili e senza fondamento nello stesso identico modo. Nessuno ha più o meno ragione, nessuno ha più o meno torto. È una guerra alla pari, per quanto riguarda fanatismo e fondamenti.

O almeno io non vedo nessuna differenza.

Vi vedo affannati a cercar di sapere chi sono gli altri e le cose come sono, quasi che gli altri e le cose per sé stessi fossero così o così” dice Pirandello proprio nella sua opera. Cerchiamo una verità unica, che però è relativa e, alla fine, non esiste. In uno stesso istante esistono più o meno punti di vista, anche se apparentemente contradditori, e ciascuno è coerente in sé stesso. La verità è che Dio, le persone e la verità cambiano nel tempo, nei luoghi e nelle circostanze. 


Perdonatemi per quelle che sono le mie parole, forse penserete siano banali è scontate ma io le ritengo vere: l’unica guerra che andrebbe combattuta è l’indifferenza, l’ignoranza. L’ unica vera lotta va fatta con sé stessi e il proprio cuore, la propria mente e la propria anima.

In questo teatro dell’assurdo che è il mondo, l’odio, la guerra aspettiamo Dio e combattiamo per esso. Non è forse così?

Aspettiamo. Che qualcosa cambi. Aspettiamo che qualcuno dia un senso alla nostra vita ed esistenza. Ma arriverà mai Dio?

Nel Corano si dice “Dio ha creato l’uomo da un grumo di sangue” (Sura 96:1—2) “Allah è il creatore del mondo è dell’uomo. Ma l’uomo non è stato creato a immagine di Dio” (Sura 55:1-7), nella Bibbia “Dio ha creato l’universo e l’uomo a sua immagine e somiglianza. Egli rivela la sua essenza nella creazione.” (Giovanni 1:14-15).



Chi ha ragione? Qual è la verità? Forse se aspettiamo Dio, la risposta arriverà. Ma quando arriverà questo Dio?
Dio è morto e con lui l’uomo, nello stesso sangue in che è stato versato per salvarlo e per crearlo.


Nel cuore d’ ogni uomo c’è un vuoto che ha la forma di Dio
-Blaise Pascal




Nota finale al lettore: gli argomenti trattati e le parole scritte in questo articolo, sono frutto di una riflessione personale e soggettiva. Invito le persone che volessero commentare a farlo in maniera educata, siccome le idee altrui, per quanto siate d’accordo o meno con esse, si analizzano con rispetto e non con odio. Grazie per aver letto il mio post.


domenica 8 novembre 2015

La musica dà forma al silenzio



Che cosa è la musica?

Questa domanda non ha una un’unica risposta. Ma posso dirvi cosa penso io. “E chi se ne frega” penserete voi. Ve lo concedo, ma allo stesso tempo vi invito a riflettere con me su cosa sia la musica e su cosa rappresenti per l’uomo.
La musica è arte, un’arte di rumori, suoni e talvolta parole.


La musica comincia dove finisce il potere delle parole.
Richard Wagner


Possiamo percepirla come un semplice suono organizzato, le cui note sono degli stimoli che producono in noi sensazioni più o meno complesse. Oppure può essere una specie di linguaggio per trasmettere tristezza, felicità, amore, desideri, malinconia. E se fosse invece un semplice intrattenimento, un modo per riposare e non pensare più ai problemi della giornata, della vita?

Ma perché cercare di dare un significato all’ arte, un significato a una domanda che non ha una sola risposta?

La musica è qualcosa di puramente soggettivo, che ciascuno di noi percepisce in maniera differente, in base al suo passato, a quello che vive, che desidera e a quello che sogna. Proprio per questo esistono diversi generi musicali con diverse melodie, ritmi, armonie, timbri, perché gli esseri umani sono diversi tra loro e persino nel proprio animo. Come l’uomo, la musica si è evoluta, è cambiata e si è diversificata.

La musica esiste per dare una forma al silenzio. L’anima, il pensiero si è sublimato nella musica, che Romain Rolland descrive come sentimento oceanico di immedesimazione col tutto, matrice delle religioni, essendo essa mistica a differenza delle arti figurative, che spinge l’ascoltatore a una sorta di fusione con l’oggetto.  Ma quale oggetto? La nota? O forse lo stesso uomo?

Secondo Freud è l’Io.

«Siamo assolutamente pronti a riconoscere che un “sentimento oceanico” esiste in molte persone, e propendiamo a ricondurlo a una prima fase del sentimento dell’Io» scrive nel Disagio della civiltà, in risposta all’ affermazione di Rolland. Per lui la musica era più una forma di nostalgia ma non come la possiamo pensare noi, bensì una nostalgia della relazione tra un bambino e la madre. La voce della mamma, le melodie delle ninne nanne, il ritmo della culla non sono che un armonico contrappunto con la lallazione infantile.

Oggi riconosciamo la musica come arte che, come scrive sempre Freud nelle Precisazioni sui Due principi dell’accadere psichico, «perviene, per una strada sua particolare, a una conciliazione dei due principi [principio di piacere e principio di realtà]. L’ artista è originariamente uomo che si distacca dalla realtà, giacché non riesce ad adattarsi.»

Queste parole però, nonostante non fossero riferite al concetto di “musica”, mi sembra rispecchino piuttosto bene l’“artista” e, in fondo, un musicista non è anche artista?



La Musica crea uno spiraglio nel cielo.
Charles Baudelaire

Si rifugia in un mondo che non è quello reale, personale e privato, dove può passare il tempo semplicemente per dilettarsi o per riflettere. Diventa creatore, condividendo la sua opera alla percezione degli altri esseri umani che la interpretano a seconda del loro cuore e della loro vita.
Johann Sebastian Bach diceva che la musica aiuta a non sentire dentro il silenzio che c’è fuori. Aveva ragione, la musica aiuta a far tacere quel silenzio del tempo che passa, la solitudine, fermando tutto in un pensiero, un ricordo, un’emozione, un piacere.

Un uomo non può essere ebbro di un romanzo o di un quadro, ma può ubriacarsi della Nona di Beethoven, della Sonata per due pianoforti e percussione di Bartók o di una canzone dei Beatles.
Milan Kundera


A questo punto però, mi fermo e vi chiedo: cos'è per voi la musica?


Ecco quel che ho da dir sulla musica: ascoltatela, suonatela, amatela, riveritela e tenete la bocca chiusa.
Albert Einstein